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Numero 26
Persona: genealogia, percorsi e posta in gioco. Tra individualismo e comunitarismo (II)

Gennaio - Dicembre 2010

Abstract e allegati

di Giuseppe AccordiniFull Text

Nel 1983 P. Ricoeur rende omaggio al carisma di un pensatore amico, maestro di ricerca ed educatore, come E. Mounier, che lo aveva coinvolto nel suo progetto sul personalismo. Riconoscendone il valore storico trasversale per molte discipline e quello specifico per la filosofia, si affretta a ringraziarlo e nello stesso tempo a congedarlo scrivendo un breve, ma tagliente saggio, raccolto in Lectures. 2. La contrée des philosophes, dal titolo: Muore il personalismo, ritorna la persona.

Il Novecento, si sa, è il secolo breve che ha concluso la sua corsa completando in un modo un po' ripetitivo e malinconico una serie di funerali: quelli del sociale, del politico, della religione, di Dio, del padre, della famiglia e anche della persona. In Francia del resto M. Foucault, pensatore orientato alla bio-politica e alla bio-antropologia, dialogando in modo intenso con G. Deleuze e con M. Blanchot, fa coincidere la morte della persona, cioè della prospettiva di prima persona, con la fine del pensiero cristiano medioevale e della sua grande narrazione millenaria.

La ricostruzione genealogica di questa vicenda conferma la coincidenza tra l'ascesa e il tramonto del pensiero personalistico teologico e di quello occidentale della persona. La fine del cristianesimo nella modalità medioevale trascina con sé contestualmente anche il dissolversi del concetto spirituale di prima persona. Questa figura, che danza sulla sabbia, secondo M. Foucault è destinata dunque ad essere inesorabilmente cancellata dalla scena culturale con la fine dell'egemonia politica ed ecclesiastica cristiana, continuando a restarvi impressa solo come una pura traccia, come una indecifrabile struttura assente, cioè come una fragile orma stampata sulla sabbia del mare e destinata ad essere velocemente cancellata.

Collocato in questo contesto genealogico il semantema in parola, ossia il dispositivo personale, non può certo essere dedotto da un principio astratto metafisico, logico o epistemologico, né può esser ridotto al dato biologico o essere confuso con il corteo di metafore, un po' vive e un po' morte, che costituiscono la sostanza profonda del linguaggio ordinario. Persona è innanzitutto un evento complesso, enigmatico e misterioso, di matrice teologica, radicalmente aperto nella dinamica viva della comunicazione culturale occidentale da entrambi i lati del tempo: quello protologico dell'origine e quello escatologico della destinazione, aspirante in ogni caso a una possibile e duratura trascendenza.

La forza originaria del dispositivo si esprime all'origine nella forza innovativa e trasgressiva di una parola che riesce a performare quella realtà importante e inedita a cui rinvia e di cui costituisce una metafora assoluta, variabile e in ultima istanza irrinunciabile, istituendone l'unico linguaggio adeguato a dirla.

Il concetto di persona singolare, individuale, spirituale, come noi lo conosciamo dalla filosofia e dalla teologia cristiana, non trova spazio nel pensiero greco classico e nella meditazione di Platone, di Aristotele o di Plotino, a cui esse attingono. La fonte ebraica conosce in abbozzo la realtà personale unitaria, l'emergenza dell'irrepetibile, dell'unico e quindi di ciò che è candidato ad un destino trascendente, che però solo con l'incontro con la tradizione romana e cristiano-medioevale arriverà a maturazione, cioè ad una sintesi ricca e tuttora insuperata.

Parlando dell'uomo in un contesto greco si continuava a oscillare tra l'anima e il corpo, tra il singolare e l'impersonale e in un contesto ebraico-cristiano tra la carne, il soffio e lo spirito. L'individualità scoperta e difesa in linea di principio dall'ebraismo e dal cristianesimo rischiava però di soccombere per mano cristiana in un orizzonte culturale comunitaristico e totalizzante. Se da un punto di vista filosofico le tappe miliari di questa emergenza irreversibile sono state la definizione di S. Boezio: persona è sostanza individuale di natura razionale e quella di Riccardo di San Vittore: persona è esistenza individuale di natura razionale, raffinata infine in quella di persona come ultima solitudo di D. Scoto, l'oscillazione antropologica tra l'esistenza anonima tradizionale e l'esistente storico singolare si è risolta nella deriva dualista, biologica o spiritualistica, o nel monismo dell'epistemologia illuminista e delle neuroscienze contemporanee. Inattuale e profetica può essere invocata con valenza retrospettiva l'intuizione profetica scagliata in avanti dal vangelo apocrifo copto di Tommaso, all'inizio del cammino dell'occidente, dove si annuncia la prossima venuta del Regno di Dio con questi termini antropologici e programmatici: «Il regno di Dio verrà quando di due parti ne farete una, quando farete la parte interna come l'esterna e l'esterna come l'interna».

Il contesto in cui prendono forma i contributi di questi due fascicoli su persona, individuo e identità è quello di un lavoro interdisciplinare umanistico, filosofico e scientifico a servizio della teologia attuale e postconciliare. Spesso nella nostra tradizione occidentale, in cui la filosofia e la teologia cristiana si muovono, le figure sintetiche e programmatiche più comuni della verità, come essere o persona, sono anche quelle più fruste e meno controllabili, cioè più ripetitive, meno affidabili e meno significative. Il rischio che si corre in questi casi è quello di batter l'aria o di incrementare e confermare una confusione di cui non si sente proprio l'esigenza. Il semantema persona, pertanto, si presta e necessita di una messa a punto rigorosa, complessa e interdisciplinare, da realizzarsi in un contesto di collaborazione approfondita e di confronto appassionato tra le diverse competenze in campo e che non esclude un responsabile, faticoso e necessario conflitto delle interpretazioni.

Ognuno dei contributi, presentati nelle due parti di questa ricerca, restando fedele alla competenza specifica, accetta dunque la scommessa e il confronto delle diversità, in vista di una meta comune e dell'opportunità di poter illuminare in modo convergente l'enigmatica e misteriosa realtà personale da cui veniamo.

Se la realtà personale è un'esperienza, un evento dalle mille risonanze e dall'imprevedibile storia degli effetti, conviene dunque sondare con attenzione e rigore il senso di questo dispositivo di lungo periodo, di questa metafora assoluta, eccedente ogni pretesa concettuale. Per molto tempo il concetto di persona ha favorito una divaricazione tra l'intelletto da una parte e la volontà, l'emotività e la vitalità biologica dall'altra. E se è vero che la persona con S. Agostino è un concetto innanzitutto relazionale, che rinvia all'Autore divino da cui proviene e in cui si riconosce, la contrapposizione tra ciò che è spirituale e ciò che è sensibile o biologico sopravvive a S. Agostino e attraversa in mille modi anche lo stesso pensiero innovativo di S. Tommaso e la modernità.

Usando la genialità della parabola, un racconto di Kafka evoca tutti questi registri in un sol colpo e in modo dinamico, contrapponendo la figura del terzo, cioè dell'egli, alla dialettica secca e binaria dell'io e del . La parabola dell'uomo che cerca di anticipare la totalità dell'esistenza nell'istante dell'io si sviluppa quindi con difficoltà, ma anche con decisione secondo il registro narrativo che prevede queste scansioni: passaggio dall'impersonale all'oggettivo, al soggettivo, fino alla reciproca correlazione. L'emergere della prima persona contrasta con la riduzione della realtà umana a corpo, a macchina, a res extensa, ma anche con la riduzione della persona alla solipsistica e narcisistica res cogitans. La fallita riconciliazione occidentale tra il corpo e l'anima, la materia e lo spirito, l'interno e l'esterno, il visibile e l'invisibile viene denunciata e ripensata in modo radicalmente innovativo dalla fenomenologia filosofica e dalle scienze descrittive che ad essa si ispirano. Facendo leva sulla centralità del corpo, sulla verità e realtà del dono e sull'intenzionalità soggettiva e intersoggettiva, essa tenta di esorcizzare l'esito tragico e prevedibile di un individuo ripiegato su di sé, smarrito, chiuso alla sua originaria reciprocità comunicativa e quindi condannato al nichilismo.

La frattura tra la materia e lo spirito può essere ricomposta solo favorendo il passaggio dall'orizzonte impersonale, alla struttura di terza persona, alla realtà di prima persona. Il percorso può partire dall'alto verso il basso o viceversa, dall'interno verso l'esterno o viceversa, favorendo in ogni caso una reditio completa del biologico o del vitale alla coscienza e all'autocoscienza spirituale e libera. Quello che colpisce in questi tentativi contemporanei è il coraggio con cui il dispositivo concettuale e la realtà personale vengono messi alla prova delle scienze umane e delle domande culturali emergenti nei territori di ricerca più diversi. Se alcuni si azzardano a negare la centralità e l'unicità spirituale del fenomeno umano, sempre più numerosi sono quelli che desiderano illuminarne l'eccezionalità immergendolo fino in fondo nella continuità della vita.

Il tempo è un eccezionale marcatore delle somiglianze e delle differenze della vita intesa come radice unica che porta una realtà irriducibilmente plurale. Il tempo ripetitivo in biologia diventa parzialmente irreversibile già nella storia contingente della natura, della fisica e irrompe con tutta la carica di singolarità, creatività e irripetibilità spirituale e libera nell'etica, nell'arte e nella religione umane. Il salto dall'impersonale della natura inanimata alla terza persona, presente già nel contesto biologico, fino alla prima persona del mondo spirituale e libero resta dunque un'ipotesi presente già nelle scienze fisiche e biologiche che si interessano dell'uomo e che custodiscono fin dall'inizio un segreto: la possibilità di una chiamata alla libertà creativa e responsabile latente in un progetto di vita lungo e rischioso che è in cammino verso l'autocoscienza e che quindi non ha solo valenza proiettiva o costruttiva, ma anche rivelativa e ricettiva, presupponendo e attendendo la sua maturazione in un compimento donato.

di Giuseppe AccordiniFull Text

Sommario

Il termine persona raccoglie una lunga storia di innovazioni lessicali e trasgressioni semantiche sia in campo filosofico che teologico. La prospettiva di Charles Taylor si misura con la riduzione greca della persona a psychè e lógos per arrivare con la mediazione stoica e neoplatonica della cura di sé alla res cogitans cartesiana che si impone alla res extensa e alla persona intesa come agente intenzionale, come interiorità ricettiva e autoesplorativa, capace di armonizzarsi con una natura fonte di valori morali.

di Martino SignorettoFull Text

Sommario

Il tema dell'individualità della persona nel Primo Testamento non può esimersi di toccare la questione della «teoria retributiva» (cf Dt 5,8-10, Es 20,5-6; 34,7), che ha come presupposto antropologico e morale la diretta connessione tra male subito e responsabilità personale. Siamo soliti pensare che questo rapporto causa/effetto, nella sua forma così meccanicistica, sia stata tutto sommato superata dal libro di Giobbe. Leggendo Ez 18,1-2 e Ger 31,29 notiamo come questi stessi profeti mettono in guardia dalla teoria retributiva, soprattutto da una interpretazione meccanicistica del proverbio: «I padri hanno mangiato uva acerba e i denti dei figli si sono allegati». Tale mentalità non sembra, però, scomparire. Si ripresenta nel Nuovo Testamento (Gv 9,1-2 e Lc 13,1-5) e non possiamo negare come si ripresenti anche oggi sotto varie forme in un modo popolare, comune di pensare. Se ciò è vero, una riflessione biblica sul singolo e la sua responsabilità diventa suggestiva e capace di aprire orizzonti significativi anche oggi. La teoria retributiva, che vede un rapporto meccanicistico, cioè di causa/effetto, tra male morale e male fisico, non funziona: l'empio può essere felice e il giusto soffrire. Ma allora come spiegare il rapporto tra la responsabilità del singolo e il male subito? Gesù offrirà un'apertura non sulla causa del male ma, sul fine. Alla domanda dei discepoli sul cieco nato: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?», Gesù istruisce la medesima domanda, quando afferma che egli è così perché «in lui siano manifestate le opere di Dio» (Gv 9,1-3).

di Gianattilio BonifacioFull Text

Sommario

Il racconto dello scriba saggio va inquadrato nel contesto delle controversie circa l'autorità e l'identità di Gesù dei capitoli 11-12 di Marco. Decretata da parte del Signore la fine del culto templare per l'inaugurazione di un nuovo rapporto con Dio, s'innesca la dura polemica con le autorità a proposito di questa pretesa. Lo scriba emerge nettamente al confronto con i suoi colleghi perché prende sul serio l'argomentazione del Maestro e intrattiene con lui un dialogo in cui emergono sia il rispetto per l'interlocutore, sia la correttezza intellettuale e spirituale non rinunciataria. Egli diventa una sorta di manifesto contro il rischio dell'omologazione, che pur non vedendolo ancora «nel Regno», tuttavia lo pone nella condizione imprescindibile per potervi entrare. Se la fede è innegabilmente un dono, questo implica la responsabilità di un'adesione personale, convinta e convincente, al di là di ogni conformismo di comodo.

di Giuseppe LaitiFull Text

Sommario

La categoria di persona si è affermata nella riflessione della chiesa antica per veicolare due significati non separabili: quello della singolarità irriducibile, non espropriabile, e quello della relazione, dell'essere rivolto verso. Attraverso una rapida ricognizione di un testo significativo di fine secolo II, l'A Diogneto, questo contributo vuole suggerire come il significato abbia preceduto il termine persona, affermatosi nei secoli IV e V in trinitaria e cristologia per dire la verità dell'economia che domanda la distinzione reale di Padre, Figlio e Spirito Santo e l'unicità singolare di Gesù, Figlio di Dio divenuto uomo. Dovendo spiegare la novità del loro modo di presenza nel mondo, i cristiani dichiarano da un lato il loro carattere non settario e dall'altro la loro inedita modalità di presenza come agape rivolta a tutti. Poiché questa scaturisce dall'amore di Dio manifestato nel suo Logos inviato a noi, è legata alla consapevolezza dei cristiani d'essere dei beneficati che liberamente fanno di quanto ricevono un dono per chiunque abbia bisogno. Nel riconoscersi beneficati e abilitati al dono dalla gratuità di Dio essi apprendono ed esercitano la loro identità non rinunciabile proprio nell'atto libero del disporsi benevolo verso gli altri. Il loro modo di abitare il mondo si attesta così come cammino verso un mondo nuovo, il mondo delle «persone».

(Appendice)

di Valentino SartoriFull Text

Sommario

L'articolo indica un possibile sentiero per giungere a dire teologicamente l'identità umana, senza cedere alle insofferenze postmoderne per le tonalità forti della modernità. Nell'attuale sensibilità culturale rintraccia, invece, promettenti inviti a riprendere il tema: l'immaginazione vi appare, contemporaneamente, sia come luogo di avvertita debolezza, sia come irrinunciabile mediazione del pensiero dell'identità. Nel dettaglio, il contributo, premesso un rapido ma necessario auditus temporis, investe il capitale analitico accumulato da P. Ricoeur nei differenti cimenti con l'identità narrativa. Lo fa non attardandosi a ricostruire passo dopo passo l'originale tragitto proposto dal pensatore francese, ma ponendo semplicemente in evidenza alcuni nodi significativi della riflessione in parola. Ne emerge una singolare convergenza fra filosofia e teologia: la prima accede al tema dell'identità umana attingendo alla forza configurativa e, tramite il lettore, rifigurativa dell'opera letteraria; la seconda si lascia animare ed istruire dalla rivelazione attestata, che non definisce l'uomo, ma lo narra alle prese con Dio, da sempre e per sempre.

di Placido SgroiFull Text

Sommario

Il dibattito sulle questioni bioetiche può essere ritenuto un segno dei tempi, dato che esso pone al centro della riflessione teologica e morale la questione della vita, insieme all'esigenza di comprendere sempre meglio il significato del progresso tecnico-scientifico. A questo dibattito le comunità cristiane sono chiamata a fornire un importante contibuto di riflessione critica e orientamento etico. Ma tale contributo resta, in un certo senso, carente, se non viene affrontato nella prospettiva di una comunione ecumenica fra i cristiani, a cui ciascuna chiesa è chiamata a contribuire con le sue proprie risorse. È proprio la necessità dell'aggiornamento rispetto ai segni dei tempi, e la partecipazione alla discussione ecumenica, che richiedono, da un punto di vista cattolico, di accedere con rinnovata consapevolezza alle risorse che consentono ai cattolici di orientarsi, anche sui temi bio-medici. Queste risorse sono identificabili nella stessa vita cristiana nel suo complesso, nella capacità di coinvolgimento nella situazione concreta e nella la coscienza, che ci mette di fronte all'istanza decisiva della capacità di giudizio morale.