Esperienza e Teologia - Rivista di approfondimento teologico e pastorale dello Studio Teologico San Zeno e dell' Istituto Superiore di Scienze Religiose San Pietro Martire di Verona


Numero 20

Gennaio - Giugno 2005
La domenica, giorno della festa

 

 

 


INTRODUZIONE


Riscoprire la festa nel giorno di domenica

 

di Andrea Gaino


(full text)



 

Il rapporto tra la festa, come dimensione antropologica fondamentale, e la domenica, come luogo teologico per la fede cristiana, stanno al centro degli studi che presentiamo in questo numero della rivista.

La riflessione sul tema trova spunto in diversi interventi e sollecitazioni che provengono sia dal magistero recente che dall’esperienza pastorale e ancora dalla riflessione culturale contemporanea.

La relazione tra festa e domenica è tema centrale della lettera apostolica di Giovanni Paolo II Dies Domini (1998), da lui successivamente ripreso nella Novo millennio ineunte (2001). La Conferenza Episcopale Italiana affronta il tema nella nota pastorale Il giorno del Signore (1984) e successivamente in altri documenti tra cui Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il primo decennio del 2000 (2001), così come nella lettera del Consiglio Episcopale Permanente della CEI in preparazione al 24° congresso Eucaristico Nazionale, Senza la domenica non possiamo vivere (2004). Il tema è poi indicato come uno degli ambiti di riflessione per il quarto Convegno Ecclesiale Nazionale che si terrà a Verona (2006), “lavoro e festa”, ed è ripreso anche nel contesto del “Progetto culturale orientato in senso cristiano” con uno studio specifico offerto dal servizio nazionale per il progetto culturale sul senso del fare festa, Il tempo della festa. Dieci voci per riscoprire la domenica, (2005).

La ricorrenza degli interventi sottolinea la centralità del tema per la vita cristiana e, al tempo stesso, sembra segnalare la problematicità che oggi presenta. Il “mondo che cambia”, infatti, porta a non poter più considerare come ovvie le acquisizioni sociali e culturali maturate, tra queste anche il rapporto che si dava un tempo come scontato tra domenica e dimensione festiva dell’umano. L’accostamento appare oggi problematico in ragione del mutato modo dell’articolarsi dei tempi di lavoro e riposo, così come della mutata forma dell’esprimersi del festivo e del vivere la festa.

In merito a ciò così si esprime Giovanni Paolo II: «fino ad un passato relativamente recente, la “santificazione” della domenica era facilitata, nei Paesi di tradizione cristiana, da una larga partecipazione popolare e quasi dall’organizzazione stessa della società civile, che prevedeva il riposo domenicale come punto fermo nella normativa concernente le varie attività lavorative. Ma oggi, negli stessi Paesi in cui le leggi sanciscono il carattere festivo di questo giorno, l’evoluzione delle condizioni socio-economiche ha finito spesso per modificare profondamente i comportamenti collettivi e conseguentemente la fisionomia della domenica. Si è affermata largamente la pratica del “week-end”, inteso come tempo settimanale di sollievo, da trascorrere magari lontano dalla dimora abituale, e spesso caratterizzato dalla partecipazione ad attività culturali, politiche, sportive, il cui svolgimento coincide in genere proprio coi giorni festivi. Si tratta di un fenomeno sociale e culturale che non manca certo di elementi positivi nella misura in cui può contribuire, nel rispetto di valori autentici, allo sviluppo umano e al progresso della vita sociale nel suo insieme. Esso risponde non solo alla necessità del riposo, ma anche all’esigenza di “far festa” che è insita nell’essere umano. Purtroppo, quando la domenica perde il significato originario e si riduce a puro “fine settimana”, può capitare che l’uomo rimanga chiuso in un orizzonte tanto ristretto che non gli consente più di vedere il “cielo”. Allora, per quanto vestito a festa, diventa intimamente incapace di “far festa”» (Dies Domini, 4).

Da qui viene la necessità di tornare a indagare sul significato della domenica e della festa. A tale scopo abbiamo raccolto prospettive diverse che rimandano ora alla dimensione più antropologia della festa e al suo diverso modo di strutturarsi nella storia dell’occidente, ora allo specifico senso cristiano del celebrare così come appare nella sua radice biblica e nello strutturarsi iniziale della prassi cristiana nelle comunità delle origini. Da questo intreccio di prospettive emerge come lungo la storia si è progressivamente venuto a delineare il profilo della domenica quale giorno della celebrazione cristiana e insieme quale giorno di riposo e di festa. Lo sbocco pastorale del nostro percorso di riflessione lascia intendere la fecondità del cammino fatto e, al tempo stesso, indica le piste ulteriori di ricerca che un tema così ricco e complesso ancora presenta.

La ragione che porta a ripensare sempre e ancora come può essere vissuta la festa nel suo intreccio con la celebrazione del mistero cristiano, sta nel fatto di riconoscere l’ineludibile desiderio umano di celebrare, di dare cioè risalto a ciò che rende bella e attraente la vita evidenziando quegli eventi che più di altri hanno la capacità di mettere in risalto questa qualità del vivere umano. Così, attraverso la forza del linguaggio simbolico, la festa cerca di aprire il quotidiano, nella sua parzialità e frammentarietà, a dimensioni ulteriori dove bellezza e gratuità si possano percepire nella loro pienezza. Proprio a questo fa riferimento lo specifico cristiano che riconosce nell’evento di Gesù Cristo, a partire dalla passione morte e risurrezione, la capacità di dare qualità nuova al tempo dell’uomo, immettendo in esso la pienezza della grazia e così della festa. «In questa prospettiva di fede, la domenica cristiana è un autentico “far festa”, un giorno da Dio donato all’uomo per la sua piena crescita umana e spirituale» (Dies Domini, 58).

 

 

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