Esperienza e Teologia - Rivista di approfondimento teologico e pastorale dello Studio Teologico San Zeno e dell' Istituto Superiore di Scienze Religiose San Pietro Martire di Verona


Numero 8

Gennaio – Giugno 1999
«Lasciatevi riconciliare con Dio»

 

 

Introduzione

Il dono e l’impegno della riconciliazione
Ezio Falavegna (pp. 5-10)

 

Studi

«Come potrei abbandonarti, Efraim? … il mio intimo freme di compassione» (Os 11,8).
Amore e perdono in un testo di Osea
Giovanni Gottardi (pp. 11-30)

La peccatrice e Gesù (Lc 7,36-50)
Augusto Barbi (pp. 31-43)

Dio di misericordia, amico degli uomini. La penitenza in Didascalia/Costituzioni Apostoliche
Cristina Simonelli (pp. 45-57)

La penitenza come struttura celebrativa-pastorale
Giuseppe Laiti (pp. 59-72)

Il sacramento della penitenza nell’organismo sacramentale. Per una riflessione sistematica
Giampietro De Paoli (pp. 73-94)

«Lasciatevi riconciliare con Dio» (2Cor 5,20b).
Riflessione morale sul sacramento della riconciliazione

Andrea Gaino (pp. 95-107)

L’accusa dei peccati come luogo sacramentale della misericordia di Dio.
Riflessione liturgico-pastorale sulla penitenza
Silvio Zonin (pp. 109-118)

Essere giusti con Dio. La riconciliazione con Dio tra ironia e acrobazia in V.Jankélévitch
Giuseppe Accordini (pp. 119-127)

 

Esperienze

Celebrazione della riconciliazione: appunti da un’esperienza
Rino Breoni (pp. 129-133)

L’esperienza di Graz. L’eco di un significativo momento ecclesiale
Camilla Cicogna (pp. 135-139)

 

 

 

 


Il dono e l’impegno della riconciliazione

 

di Ezio Falavegna


(full text)



 

Di fronte alle condizioni, ai problemi, alle opportunità che la vita ci presenta, accostarsi al tema della "riconciliazione" rimane sempre un "interesse da ridestare", per poter anche oggi riconoscere e accogliere con gioia la novità di vita che Dio realizza nella nostra esistenza; e questo è possibile se in noi vive una disponibilità, un atteggiamento di fiducia e di fede, capace di superare le chiusure o i rigidi schemi attraverso i quali spesso ci difendiamo dalla realtà della vita, ma che talora non ci permettono di scorgere ancora oggi, nelle nostre vicende e nella storia degli uomini, la novità dell’agire di Dio.

 

1. Disporci all’incontro: una fede aperta alla realtà di Dio

 

Noi sappiamo dalla nostra vita che tutti gli incontri che viviamo in qualche modo ci trasformano. Là dove due libertà si aprono reciprocamente l’una all’altra, là dove noi ci rendiamo disponibili, accoglienti alla disponibilità dell’altro verso di noi, c’è sempre la possibilità di riaprire un storia inattesa. Ed è in questa prospettiva che la riconciliazione traspare continuamente nel Vangelo. La vediamo dentro le numerose storie di incontri fra Gesù e le diverse persone che lo accostano: Zaccheo, Giairo, l’emoroissa, Bartimeo, Marta e Maria, la peccatrice e via dicendo, storie che lasciano intravedere la reciprocità di consegna di disponibilità e di libertà.

Anche nella nostra vita, quando incontriamo il limite, può nascere l’esperienza di un bisogno, il desiderio sotteso che l’altro diventi il senso della nostra vita, la risposta al nostro cammino di ricerca. Ed è dentro a questa consapevolezza del bisogno che l’altro assume senso per noi.

In questo senso il primo atteggiamento che deve caratterizzare ogni incontro è quello di permettere all’altro di essere significativo per noi. È qui che avviene la possibilità del realizzarsi di una storia, di un incontro: è là dove la vita chiede senso, è là dove la vita chiede liberazione, è là dove la vita chiede salvezza che nasce la molla vera di ogni cercare.

Forse anche per noi la fatica di vivere l’esperienza del riconciliarci con Dio lascia intuire non solo la non comprensione del volto misericordioso di Dio Padre, ma anche l’eccessiva sicurezza che riponiamo in noi, ritenendoci spesso capaci di darci da soli il senso della vita o la risposta ai nostri bisogni più veri.

Allora ecco che l’esperienza del bisogno di liberazione dal limite può renderci coscienti che l’uomo è radicalmente bisognoso. E il bisogno radicale dell’uomo è soprattutto che gli sia offerto un senso per cui vivere: un senso capace di dare un volto nuovo alla sua vita, anche nei momenti di oscurità, di malattia, di morte. Ma non sempre la vita è esperienza del limite. Molte volte sperimentiamo anche la realizzazione felice, la riuscita dei nostri impegni; sperimentiamo la salute, la relazione significativa, l’amore, la gioia di vivere. Anche di queste realtà, però, avvertiamo la precarietà: potrebbero venir meno, non sono ancora piene, sentiamo la nostalgia del di più; e anche in questi momenti avvertiamo il radicale bisogno di dare un senso pieno, un senso stabile e duraturo alla vita. In tale prospettiva ogni uomo è radicalmente bisognoso di una pienezza che può e deve attendere. Il primo tratto dunque è questo: là dove nasce la coscienza del bisogno radicale, nasce anche il desiderio di trovare una persona che diventi il senso per la nostra vita, il desiderio di incontrare qualcuno che ci consenta in qualche modo di gustare in pienezza la nostra esistenza. E allora, proprio nel segno di questa disponibilità accogliente, noi diventiamo sempre di più consapevoli che il dono di un senso alla vita non possiamo accaparrarcelo, ma dobbiamo esclusivamente imparare a riceverlo.

Se la persona, se il senso della vita che andiamo cercando li consideriamo proprio nell’ottica di un dono che viene a noi, dobbiamo educarci alla disponibilità, alla gratuità di chi davvero ha la consapevolezza che non ci può essere, nella logica del dono, la conquista o il possesso, ma esclusivamente il gusto e la capacità di educarci alla gratuità, all’accoglienza del dono.

È impossibile percepire la misericordia di Dio su di noi se non ci disponiamo a riconoscere e ad educarci umanamente ai gesti di quella gratuità, che sono il luogo in cui si veicola la misericordia di Dio nella nostra vita. Solo un’umanità disponibile può diventare capace di riconoscere e di accogliere la disponibilità di Dio sulla propria vita.

 

2. Lasciarsi incontrare: la misericordia di Dio rivelata in Gesù

 

La novità che traspare nella riconciliazione è che il perdono ci è concesso da Dio: è la disponibilità di Dio a riaprire la nostra vita alla piena potenzialità dell’esistenza. La riconciliazione è sentire in noi la disponibilità di Dio che riapre tutte le potenzialità proprie della vita umana. Questa riconciliazione ci è concessa da Dio attraverso i gesti, le parole umane di Gesù (cfr. Mc 2,1-12): Dio infatti non ci riconcilia in una maniera "misteriosa", ma attraverso l’udibilità delle parole di Cristo, la visibilità delle sue azioni. Da soli non possiamo perdonarci, perché il perdono è la realtà gratuita di qualcuno che si piega amorosamente su noi, e con la sua presenza ci apre a prospettive nuove, alla speranza di una realizzazione. Noi facciamo questa esperienza prima di tutto sul piano psicologico: nei momenti particolarmente difficili in cui, per stanchezza o per eccesso di preoccupazioni, non vogliamo più saperne di nessuno, solo l’amore di qualcuno che lentamente, con le sue attenzioni e il suo affetto, apre la nostra chiusura, può riportarci dal mutismo alla parola, dal ripiegamento su noi stessi alla fiducia, dalla disperazione alla speranza.

E proprio questa consapevolezza ci permette anche di comprendere che ci sono parole che noi dobbiamo sentirci dire e che non possiamo dirci da soli: sei salvato, sei perdonato, la tua vita è nuova. Dobbiamo riceverle queste parole, che realizzano in noi ciò che noi non possiamo pretendere di realizzare. Queste parole sono "sacramenti" perché realizzano ciò che significano, fanno ciò che esprimono. è nel lasciarci coinvolgere da queste parole, da questi segni, che la nostra vita assume una nuova identità. Ed è in questo incontro sacramentale con Cristo che tutto poi in noi comincia ad essere trasformato.

Nel perdono offerto da Gesù Cristo, a farsi vicino a noi non è semplicemente un uomo, ma è il Dio divenuto uomo, quel Dio che, conoscendo profondamente il nostro cuore, è in grado di vedere e raggiungere le nostre chiusure più radicali e di riaprirci alla libertà con la prospettiva di una vita nuova. Tale perdono non ci raggiunge in astratto, ma passa attraverso l’umanità di Gesù: noi abbiamo infatti bisogno di una riconciliazione che ci coinvolga con tutta la carica delle componenti umane e affettive insite nelle parole e nei gesti. Dio perdona in una forma estremamente umana, che trova realizzazione piena nella delicatezza di sentimenti, di gesti, di silenzi, di parole che Gesù rivolge ai peccatori.

Anche oggi il perdono ci giunge in forma umana, attraverso l’azione riconciliatrice che un altro ci offre, quale riflesso umano dell’infinito perdono di Dio. Forse talora ci sentiamo distanti dal sacramento della riconciliazione proprio per le carenze insite nelle nostre comunità e in chi amministra il sacramento stesso, carenze che ci impediscono di cogliere la ricchezza umana del perdono di Dio. Abbiamo infatti bisogno di vedere il volto riconciliante di Dio nell’umanità dei nostri fratelli, della Chiesa, di chi ci concede sacramentalmente il perdono. Altre volte siamo noi stessi a sperimentare le nostre carenze, non solo nell’offrire il perdono, ma anche nell’accoglierlo dagli altri, perché pensiamo che esso ci possa umiliare o rimarcare la nostra colpa. Occorre quindi che impariamo la delicatezza nel concedere il perdono, e la disponibilità e l’umiltà nell’accettarlo dagli altri.

Nelle parole e nei gesti di riconciliazione di Gesù il fondamento è trovato nell’agire stesso di Dio. La Sua misericordia verso gli uomini porta il discepolo, che comprende e sperimenta tale agire di Dio, a vivere lo stesso atteggiamento di incondizionata apertura al prossimo. I discepoli colgono e interiorizzano come regola di vita l’agire stesso di Dio: "affinché diventiate figli del Padre vostro celeste che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti" (Mt 5,43-48).

È questa la logica dell’agire di Dio, che deve diventare la logica e la misura di ogni nostra azione e del rapporto con il prossimo.

Ogni autentico gesto di riconciliazione, di amore gratuito, infatti, è la nostra più vera realizzazione ("affinché diventiate figli"): quando viviamo questo amore, quando lo attuiamo in gesti concreti, veniamo realmente trasformati nel più profondo di noi stessi, realmente diventiamo buoni, e veramente la Bontà che è la perfezione del Padre trova spazio nella nostra esistenza.

 

3. Diventare personalità nuove: l’appello alla conversione

 

Gesù annuncia la misericordia di Dio che viene in soccorso della vita umana e la rinnova quando è nella colpa: egli chiede che questa logica venga assunta anche dai credenti, diventando la mentalità con la quale ragionare in tutte le situazioni della vita, e non solo in qualche caso particolare.

Infatti la misericordia che Dio manifesta in Gesù, nel suo annuncio del Regno e nei suoi segni, deve diventare visione che impronta di sé tutta la nostra esistenza, e criterio di giudizio sia nella relazione con Dio sia nel rapporto con gli altri. Non è perciò una semplice raccomandazione che Gesù impartisce, bensì lo stimolo a prendere consapevolezza del dono che Dio offre e che precede ogni nostra risposta.

Chi è perdonato è così a sua volta in grado di perdonare. Gesù unisce costantemente questi due aspetti: il perdono ricevuto ci rende capaci di perdonare gli altri; il perdono concesso ci permette di sperimentare la misericordia smisurata e incondizionata di Dio. In effetti, possiamo effettivamente conoscere il perdono di Dio solo quando ci disponiamo a perdonare i nostri fratelli.

La realtà di questo dinamismo proprio della riconciliazione si traduce in una liberazione, che investe la totalità della nostra vita: quel Dio che ci viene incontro in forma umana per liberarci offre la salvezza di tutto l’uomo nella sua globalità, riapre l’uomo chiuso dentro il peccato alla relazione con Lui e con gli altri, consegna la dignità filiale che da sempre gli appartiene.

 

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