Nell’ambito del lavoro di studio
interdisciplinare promosso dall’Istituto, è stato
scelto un tema che, per essere compreso nel suo
significato teologico-pastorale, deve essere collocato
entro quattro coordinate che ne hanno segnato il lavoro
di maturazione e di riflessione:
- il progetto pastorale diocesano in
cui il nostro Vescovo, con il forte appello a «
riscoprire il volto del Dio cristiano»
, fa sua l’impellente proposta di un rinnovato impegno
per la comunità ecclesiale, vòlta a «
riscoprire il gusto sapido dell’ascolto della Parola
di Dio, che vuol dialogare con noi "cuore a
cuore"» . In
questo orizzonte, che traccia un cammino di servizio e
di testimonianza da realizzare per gli uomini del nostro
tempo, il credente è chiamato a comprendersi come «
l’uomo del mistero, colui che con l’occhio limpido
della fede "vede l’invisibile", radica nella
paternità del Dio di Gesù Cristo la certezza
incrollabile del sapersi amato, accolto ... »
, in un percorso che lo obbliga a una «
apertura al mistero e alla ricerca del senso profondo
della realtà, che rinvia insistentemente a un
"Oltre" e a un "Altro"»
(Attilio Nicora, La Chiesa veronese annuncia, celebra
e testimonia il Vangelo della carità, Verona 1995,
I.1.C., I.1.B.a).
- il terzo convegno della Chiesa
italiana tenutosi a Palermo (20-24 novembre 1995) con
l’emergente necessità di un progetto o prospettiva
culturale orientata in senso cristiano, in cui
l’ascolto della Parola, lo stesso che ha scandito
l’unità e la profondità di quelle giornate, sia
sorgente di una feconda comunione e indichi un fattivo
cammino di Chiesa. Lo stesso Giovanni Paolo II nel
discorso tenuto in tale circostanza (23.11.1995) ebbe a
sottolineare che « il
nucleo generatore di ogni autentica cultura è
costituito dal suo approccio al mistero di Dio, nel
quale soltanto trova il suo fondamento incrollabile un
ordine sociale incentrato sulla dignità e responsabilità
personale» : un
impegno, questo, che sempre più deve portare il
credente a « lasciarsi
plasmare dall’ascolto della parola di Dio»
(nn.4.9). In questo cammino, dunque, la comunità
ecclesiale è sollecitata a risentire la «
nuova evangelizzazione»
impregnata di un «
rinnovato interesse alla Bibbia»
(Terzo millennio adveniente, n.40).
- la nota pastorale della commissione
CEI per la dottrina della fede e la catechesi La
Bibbia nella vita della Chiesa (18 novembre 1995),
in cui si evidenzia come la centralità di Cristo
nell’esperienza ecclesiale è in modo inscindibile
legata alla centralità della Parola in forma scritta:
quindi la Bibbia. Si tratta di una Parola che non si
confonde con l’espressione linguistica ma è Dio
stesso che è in cammino come Parola attraverso la sua
comunità « per svelare
verità e creare comunione»
(Id, 16). Questa premessa teologica costituisce
il necessario sfondo alle riflessioni di tipo
operativo-pastorale che la nota suggerisce, in un testo
ricco di sollecitazioni affinché la Parola di Dio
diventi l’anima della pastorale.
- il trentesimo anniversario della
promulgazione della costituzione dogmatica Dei Verbum
del Concilio Vaticano II (18 novembre 1965). Il testo
ancora oggi mantiene intatta la sua attualità,
sottolineando con forza come il cuore della verità
cristiana, ciò che il credente crede non sono formule o
parole. La verità cristiana è Dio, è una persona che
incontra e ama l’uomo. La «
Parola di Dio» è la
comunicazione che Dio fa di se stesso, sicché non si
cala nel mondo dall’esterno, ma si genera
nell’espressione fedele e storica di un popolo e
culmina nella vicenda storica di Gesù Cristo: Egli è
la Parola.
In questo senso la storia, nel
momento in cui è interpellata nel suo divenire, svela
un progetto di salvezza che si esprime in eventi, dove «
fatti e parole sono intimamente connessi tra di loro»
(DV 2), si sostengono, si rimandano a vicenda e
manifestano un volto di Dio dai tratti ben delineati,
che è possibile riscoprire e contemplare.
Se compresi nel loro vero orizzonte
ecclesiale, questi molteplici motivi che ci spingono a
collocare al centro della nostra attenzione la Parola di
Dio quale sorgente e compimento dell’esperienza
credente, non sono dettati da semplici scadenze
celebrative, ma scaturiscono dall’esigenza di
riscoprire ciò che qualifica il cammino e motiva
l’impegno di fede.
È indubbio che fra la Parola e la
Chiesa c’è un legame inscindibile. Si tratta infatti
di una Parola scritta che è scaturita dal seno della
comunità dei credenti ed è testimoniata dalla sua
esistenza e dalla sua vita. Contemporaneamente, anzi
primariamente, è una Parola che fonda e forma la stessa
comunità dei credenti, perché tale Parola porta in sé
la pienezza di ciò che annuncia: la fedeltà di Dio
alla storia dell’uomo che ha il suo culmine
nell’amore che il Padre ha manifestato in Gesù Cristo
per il dono dello Spirito. È dunque una Parola che va
letta nella totalità di fede della comunità
ecclesiale.
Tutto questo ci chiede di realizzare
un cammino di attenzione e di coinvolgimento, quasi una
"traversata", che ci permetta di cogliere come
dall’Evento storico-salvifico generatore e
dall’esperienza che gli uomini hanno fatto di Dio si
sia arrivati alla Parola scritta, che testimonia anche
la sostanziale accoglienza di una rivelazione già
maturata nella coscienza e nella prassi del popolo di
Dio.
È un cammino che ci permetterà di
comprendere ulteriormente come la fede ecclesiale ci
rende disponibili a ricevere e a lasciarci coinvolgere
nella stessa esperienza vitale che viene annunciata. E
sdarà questa disponibilità a creare una relazione, un
vincolo interpersonale, radicato nell’unica esperienza
dell’evento del Risorto che rende possibile una vita
nuova.
Sarà poi motivo di ulteriore impegno
(e, per quanto riguarda l’apporto del nostro lavoro
interdisciplinare, una nuova opportunità di
approfondimento) poter riandare dalla nostra esperienza
di cristiani alla Parola, realizzare un
"approdo" dall’esperienza vissuta del nostro
incontro con Dio alla Parola scritta, quale
"condensato" dell’esperienza di Dio con gli
uomini. Ciò inviterà a porre l’attenzione alle
dimensioni concrete che avvalorano l’umano come luogo
teologico in cui è possibile «
riscoprire il volto del Dio cristiano»
, quell’ "approdo" che ci permetterà di
comprendere la dinamica che muove dall’esperienza
vissuta alla Parola canonica. Significherà risentire
che « se le
"parole di Dio [...] si sono fatte simili al
linguaggio degli uomini" (DV, 13), è per essere
comprese da tutti. Esse non devono restare lontane»
(Giovanni Paolo II, Discorso sull’interpretazione
della Bibbia nella Chiesa, 23.4.1993, n.15).
Comprendiamo così quella realtà in cui è offerto ad
ogni uomo di «
approdare»
dall’esperienza vissuta alla Parola che in essa si
comunica, a quella Parola che «
si rivolge universalmente, nel tempo e nello spazio, a
tutta l’umanità» (Ibid.).
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